Non ricordo esattamente quando ho imparato il significato di certe parole.
A volte mi sembra siano passate delle intere ere geologiche rispetto alla mia primissima adolescenza. A volte mi sembra di dare per scontato il fatto che le ragazze a cui impartisco ripetizioni di latino (tutte tra il 14 e i 15 anni) afferrino sempre il senso delle parole che mi sforzo di pronunciare a fiumi per loro. E difatti capita spesso di incontrare un gap, un cortocircuito comunicativo, tra me e loro.
Capita ad esempio quando, traducendo, mi chiedono cosa significano parole come «ingiuria», «discredito», «ghermire». E io lì per lì mi stupisco, e mi chiedo come possano non conoscere il significato di parole che, magari non utilizziamo tutti i giorni, ma certamente sono abbastanza comuni. Poi mi dico «Ma magari anche io alla loro età non ne conoscevo i significati e li ho imparati a poco a poco, chissà ». Per cui semplicemente spiego e passo avanti.
Capitano però anche cose decisamente più gravi. Ad esempio che, sempre traducendo, siano bravissime a riconoscere un perfetto o un congiuntivo imperfetto latino, ma poi non ne sappiano rendere il corrispettivo italiano. Che si perdano davanti al passato remoto del verbo «dispiacere», al congiuntivo imperfetto del verbo «perdonare», adducendo come scusa il fatto che non si tratta di tempi verbali usati quotidianamente.
A quel punto ecco che mi vengono i sudori freddi.
Le ragazze che seguo come dicevo sono tutte tra i 14 e i 15 anni. Fanno il liceo classico e il liceo scientifico. Vengono da famiglie dignitosamente benestanti. Abitano in bei quartieri, anche abbastanza signorili. E soprattutto, sono abbastanza intelligenti, e per nulla svogliate. Si impegnano davvero in quello che fanno, hanno il vivo desiderio di prendere bei voti e qualche soddisfazione scolastica.
Eppure hanno problemi nell'esprimersi al di là del lessico e della morfologia di base della loro lingua, la lingua italiana. Hanno gravi problemi nello sviluppare un discorso logico (soprattutto scritto) che esuli per un attimo dalla linea standard di SVO (Soggetto - Verbo - Oggetto). Spesso non sanno dove collocare gli avverbi, o gli altri complementi, e in che modo organizzare le frasi complesse che contengono subordinate, in modo che siano lineari. A volte, e mi piange il cuore a dirlo, viste tutte le dovute premesse che vi ho fornito, hanno persino difficoltà a leggere frasi che non si limitino a due righe.
Insomma, qual è il problema di queste ragazze? Uno, ed uno soltanto. E non ci vuole un genio per capirlo. Loro non leggono. Probabilmente non leggono un libro per intero dai tempi delle fiabe della buona notte. Certamente non leggono gli Italo Calvino o gli Herman Hesse che gli insegnanti assegnano loro per le vacanze estive. Men che meno leggono i riassunti presenti sul web, perché li chiedono a me i riassunti (immaginate un po' la mia reazione). Nelle loro case, nelle loro camerette o saloni non campeggia nemmeno un enciclopedia del '15/'18 lascito della nonna, che più o meno tutti abbiamo. E quindi, conseguentemente, credetemi che nemmeno i loro genitori leggono. Una volta, la mamma di una delle ragazze mi chiese dove potessi trovare Ragazzi di vita di Pasolini. La loro casa si trova a 100 metri da un mega store Feltrinelli.
Ci credo che hanno serie difficoltà nella loro lingua. E non credo invece che si tratti di casi isolati, o particolarmente gravi. Ripeto, sono ragazze intelligenti, che provengono da un buon contesto e molto volenterose. I casi gravi sono ben altri. Sono convinta che si tratti anzi di un esempio tra tanti.
Il cortocircuito più grave si innesca quando queste ragazze devono confrontarsi con le strutture di lingue non proprio semplicissime. Non solo, ma anche lingue che esistono esclusivamente sulla carta, che non posseggono più una dimensione orale: il greco antico e il latino. Sono sempre stata convinta che l'arte del tradurre sia il momento in cui più di ogni altro si debba avere la capacità di riflettere sulla lingua, di scomporla, ricomporla, adattarla. E di fronte alle difficoltà di cui sopra, mi chiedo davvero come si possa pretendere ciò da ragazzi con tali problematiche.
E ancora, sono convinta che il circuito vada ad incepparsi persino nel fatidico momento che è toccato più o meno a tutti al secondo anno di liceo: la lettura de I promessi sposi. Sul serio? Qua non leggono nemmeno il bugiardino dei medicinali e noi voglio buttarli su Renzo e Lucia? Alle volte aiuto le mie ragazze anche con l'italiano, e non vi dico, quanto abbiamo sbattuto la testa sul povero Manzoni.
Certo è che se nei primissimi anni del liceo è questo che si pretende dai ragazzi, allora evidentemente qualcosa di profondamente sbagliato è accaduto negli anni immediatamente precedenti, le scuole medie, la cui importanza non smetterò mai di ribadire. Ricordo abbastanza vagamente quegli anni da me vissuti: anche io leggevo poco, e a scuola come lettura per le vacanze mi lasciavano ripetutamente o il solito Calvino (che io amo, eh! Non vorrei dare un'impressione sbagliata, ma di certo non lo amavo a 13 anni), o addirittura Primo Levi (no, dai, sul serio, ma come si fa?). Poi però un giorno aprì la biblioteca della scuola e iniziai a sceglierli da sola i libri. Ricordo quanto mi innamorai de Il piccolo principe e de L'isola del tesoro. Quelle erano storie che mi interessavano, mi appassionavano, smuovevano la mia immaginazione molto più di quanto non potesse fare Pin del Sentiero dei nidi di ragno o il calvario di Primo Levi ad Auschwitz, per quanto mi dispiaccia ammetterlo. Per altro ai miei tempi, checché ne ricordi, non esistevano i cosiddetti young adult (forse la cosa che vi si avvicinava di più era la collana de Le ragazzine), mentre iniziavano a uscire anche in Italia i primi libri di Harry Potter. E lì l'amore fu incondizionato e totale.
Inutile dirlo, certamente, ma a mio parere un ottimo esempio è rappresentato dalla saga di Harry Potter, che non solo affianca una storia appassionante a valori abbastanza edificanti, ma soprattutto evolve nella trama, nello stile e nella lingua di libro in libro, offrendo al giovane lettore quella gradualità necessaria, in grado di accompagnarlo passo per passo nella lettura e nella lingua, nella riflessione e nell'analisi.
Probabilmente non solo gli insegnanti dovrebbero compiere quest'operazione, ma anche i genitori, e tutti noi, che tanto ci divertiamo a giudicare inutili molte di queste pubblicazioni, a indignarci se le vediamo in cima alle classifiche. Eppure dovrebbe confortarci, chi oggi legge dell'amore impossibile di Bella ed Edward un domani leggerà dell'amore impossibile di Anna Karenina e il Conte Vroskij. Di certo non lo farà chi oggi non legge un bel nulla.