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Olive Kitteridge, da Elizabeth Strout alla Hbo

by - 08:09

Torniamo a parlare del connubio tra cinema e letteratura, o sarebbe meglio dire tra televisione e letteratura, perché oggi daremo uno sguardo alla miniserie, della notissima casa di produzione statunitense  Hbo, Olive Kitteridge, tratta dall'omonimo romanzo di Elizabeth Strout, vincitore del Premio Pulitzer per la narrativa nel 2009.


Il libro, erroneamente giudicato da molti come un romanzo, è in realtà una raccolta di tredici racconti che intrattengono l'un con l'altro forti legami: tutti difatti sono ambientati nella immaginaria città di Crosby, nel Maine e in tutti compare o almeno viene citata la protagonista che dà nome al testo, Olive Kitteridge e coprono un arco temporale di circa trent'anni. Quattro di essi, poi (i più consistenti a livello di numero di pagine), sono specificatamente incentrati su di lei. La realtà di Olive e dei suoi concittadini è quella tipica di una certa provincia americana: tutti condividono dei valori ben definiti, tutti aspirano alla tranquillità e alla semplicità di una vita ritirata rispetto ai grandi sommovimenti del mondo americano, tutti (come in ogni piccola realtà urbana) si conoscono l'un con l'altro. Ciò che viene prepotentemente a galla nella narrazione, però, sono le miserie, le infelicità, e le frustrazioni, che ognuno dei protagonisti dentro di sé coltiva: abbiamo così, ad esempio, le vicende di una giovanissima e ingenua donna che rimasta vedova si trova letteralmente sperduta nel mondo e finisce per infilarsi in un matrimonio nel quale viene piegata la sua genuinità; la pianista di mezza età sull'orlo dell'alcolismo che insegue ancora sogni d'amore ma viene perseguitata dai fantasmi della sua infanzia; lo psichiatra la cui infanzia è stata piegata dal disturbo bipolare mai diagnosticato della madre, e così via.
Ma al centro di tutto sta soprattutto Olive, insieme al marito Henry e al figlio Christopher.
Olive è una donna estremamente forte e decisa, in grado di pronunciare giudizi severissimi su tutto ciò che la circonda, ma soprattutto sulla propria famiglia. Una donna che sembra non farsi piegare mai dalle circostanze, ma che la vita mette a dura prova.
Un personaggio impegnativo pertanto, dalla non facile decifrazione, che non poteva essere messo in scena più magistralmente che dalla bravissima Francis McDormand. Lei è dunque la reale protagonista che tiranneggia in tutta la miniserie, anche perché, segnaliamolo sin da subito, la trasposizione televisiva, che si articola in quattro puntate, mette in scena quasi esclusivamente gli episodi del libro che hanno come protagonista Olive Kitteridge. Dico, quasi esclusivamente, perché alcuni episodi o accenni di episodi degli altri protagonisti dei racconti sono comunque rappresentati.

Francis McDormand e Richard Jenkins
in una foto dal set.

Francis McDormand pertanto rappresenta sapientemente il personaggio di Olive e la parabola di circa trent'anni della sua esistenza: dall'età adulta fino alla vecchiaia; da madre che spinge il figlio verso una direzione, a madre amareggiata dalla piega che la vita del figlio ha preso lontano da lei; da donna che sottovaluta la bontà, la gentilezza, e l'amore (anche per il prossimo) del marito, a donna che infine capisce quanto la complementarietà del compagno di una vita sia stata la propria salvezza. Uno dei maggiori pregi della miniserie anzi sta proprio nella contrapposizione tra queste due diversissime personalità che eppure si sono unite per la vita: Olive ed Henry, Francis McDormand e Richard Jenkins. I due attori incarnano difatti alla perfezione i due diversi modus vivendi messi in scena da Elizabeth Strout, e soprattutto a mio parere, riescono a far emergere, maggiormente che nel libro, il fecondissimo rapporto d'amore che, nonostante tutto, li unisce fino alla fine. 

Un altro grande pregio della miniserie risiede anche nel raccontare con maestria non soltanto il difficile rapporto che nel corso del tempo Olive instaura con il figlio, ma soprattutto nel difficile rapporto che la protagonista instaura con la sua solitaria vecchiaia. Durante la vecchiaia infatti tutti i nodi di una vita vengono al pettine; e a volte, proprio per questo si può trovare un compagno di percorso in chi non avremmo mai immaginato: è questo per Olive il caso dell'arrogante conservatore Jack Kennison, interpretato da un sempre straordinario Bill Murray.
È nella bravura dei suoi attori che sta dunque la bellezza di questa miniserie della Hbo: non per nulla sia la McDormand sia Richard Jenkins sia Bill Murray sono stati premiati ciascuno con un Emmy Awards per la propria interpretazione. E tuttavia la regia di Lisa Cholodenko non è da meno: nettamente si fa sentire la mano di una donna nella narrazione cinematografica, per la delicatezza con cui si raccontano e si fanno emergere tematiche che sono sì universali, ma anche specificatamente femminili: la maternità, il matrimonio, l'amore, la forza e la fermezza, la solitudine.


Quello che i giovani non sanno [...] è che i corpi anziani, rugosi e bitorzoluti sono altrettanto bisognosi dei loro corpi giovani e sodi, che l'amore non va respinto con noncuranza, come un pasticcino posato assieme ad altri su un piatto passato in giro per l'ennesima volta. No, se l'amore era disponibile, lo si sceglieva, o non lo si sceglieva. E se il piatto di Olive era stato pieno della bontà di Henry e lei lo aveva trovato gravoso limitandosi a mangiucchiare qualche briciola alla volta, era perché non sapeva quello che tutti dovremmo sapere: che sprechiamo inconsciamente un giorno dopo l'altro.

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7 commenti

  1. Quanto ho amato questa miniserie! La McDormand è stata sempre una grande attrice, ma qui si è superata, mi ha fatto venire la pelle d'oca ad ogni scena.
    Il libro della Strout altrettanto bello (e lo dice una che non ama per niente i racconti!), però forse per una volta oserei dire che la trasposizione cinetelevisiva è addirittura più bella della sua fonte letteraria.

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    1. Concordo con te Margherita! Anche a me è piaciuto molto il libro della Strout ma l'ho concluso con l'amarezza di chi avrebbe voluto un intero romanzo solo sul personaggio di Olive.
      Poi insomma, non per fare la maniaca della HBO, ma quando si parla di loro si parla di qualità altissima, e devo dire anche di grande sensibilità nei confronti dei prodotti letterari da cui traggono ispirazione. Per fare un esempio recente, mi è capitato di considerare la trasposizione televisiva superiore al libro anche nel caso di Mildred Pierce con Kate Winslet, dal romanzo di James M. Cain (ne ho anche parlato in un'altra puntata di Oltre le pagine, se ti interessa).

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  2. Si impara sempre qualcosa. Non conoscevo ne libro ne serie. grazie.

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    1. È sempre un piacere scambiarsi contenuti l'un con l'altro :) Buona serata Massimiliano!

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  3. Non conoscevo il libro, ma, wow!, dalla tua descrizione mi è venuta davvero voglia di leggerlo! Ecco che finisce dritto nella mia lista dei to-read su Goodreads! XD
    È un piacere che ci siano tante serie (americane o inglesi) ispirate a libri… Se si facesse lo stesso anche in Italia con un po' più di convinzione e in maggior numero sono convinta che uscirebbero grandi cose anche da noi!

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    1. Ciao :) sono davvero felice di aiutarti a costruire un pezzetto dei tuoi to-read! Certo, anche da noi, con la promettente generazione di attori e registi che ci ritroviamo, si potrebbero replicare esperienze simili. Qualche esempio già c'è se ci pensiamo, come Romanzo Criminale e Gomorra (parlo delle serie), tratte dai romanzi di De Cataldo e Saviano. Dovremmo soltanto sforzarci di superare un certo provincialismo nostrano che spinge a non riservare grande qualità ai prodotti televisivi per il grande pubblico!

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    2. Sì, sono pienamente d'accordo con te… Sembra che qui da noi si preferisca investire in programmi stile L'isola di Adamo ed Eva (ad esempio) e non su trasposizioni letterarie.
      Tra l'altro, a breve dovrebbe uscire anche la serie televisiva dedicata ai libri della Gazzola (non ho capito se sarà solo il primo libro, L'Allieva, o se seguiranno anche altre trasposizioni)… una mini-serie, ma accontentiamoci!

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