Stoner - John E. Williams
La scorsa settimana questo blog ha proclamato il suo editore indipendente del mese, Fazi Editore, ripromettendosi di leggere e recensire almeno un libro del suo catalogo. La scelta era caduta su Stoner di Jonh E. Williams, libro di punta della casa editrice, considerato sin dalla sua uscita in Italia nel 2012 come uno dei grandi classici dimenticati della letteratura americana.
La promessa è stata inevitabilmente portata a termine. E dico inevitabilmente, perché è inevitabile leggere un libro come Stoner. Un libro che con la sua copertina, un po' grigia e un po' misteriosa, ti osserva, ti scruta e si intrufola dentro la tua mente senza che tu nemmeno te ne accorga.
Stoner
di John E. Williams
Fazi Editore
Collana: Le strade
Traduzione: Stefano Tummolini
Pagine: 332
Prezzo: 17,50€
Data di pubblicazione: 24 febbraio 2012
Dicevamo che oggi questo libro è considerato uno dei classici dimenticati della letteratura americana: sì, perché esso venne pubblicato per la prima volta nel 1965 negli Stati Uniti, non riscuotendo grande successo, tanto da essere ben presto destinato all'oblio. Soltanto nel 2006 il testo fu riscoperto e rivalorizzato dalla New York Review of Books, ponendosi al centro di un grandissimo successo di critica e di pubblico. E non è difficile capirne le ragioni.
Il libro di John Williams ha al suo centro il personaggio di William Stoner, di cui ripercorre la vita dalla giovinezza sino alla morte: un antieroe, un inetto qualcuno lo ha definito, ma io preferisco guardarlo per quello che nella sua essenza è, un uomo comune, di quelli che potrebbero essere il tuo vicino di casa, l'amico di famiglia, il professore di turno. L'incipit del romanzo, di una bellezza rara, ce ne chiarisce subito l'essenza:
William Stoner si iscrisse all'Università del Missouri nel 1910, all'età di diciannove anni. Otto anni dopo, al culmine della prima guerra mondiale, gli fu conferito il dottorato in Filosofia e ottenne un incarico presso la stessa università, dove restò a insegnare sino alla morte, nel 1956. Non superò mai il grado di ricercatore, e pochi studenti, dopo aver frequentato i suoi corsi, serbarono di lui un ricordo nitido.
Copertina dell'edizione originale americana. |
Un percorso umano ordinario, tanti hanno definito così la vicenda di Stoner. Un percorso umano che però brulica dell'essenza stessa della vita, a mio parere, con i suoi alti e bassi, le sue infelicità e le sue illusioni, le sue vittorie e le sue inevitabili sconfitte.
Sono i personaggi infatti ad essere i reali motori della vicenda. Ed è necessario a mio parere rifuggire da una facile classificazione in cattivi e buoni: Edith e Lomax (il direttore di dipartimento che per ragioni personali ostacolerà la carriera di Stoner) da un lato, Stoner, Grace, Katherine e Gordon Finch dall'altro. Tutti difatti, in un modo o nell'altro sono degli sconfitti dalla vita, sono degli infelici, le cui ragioni non sempre sono manifeste, ma che un buon lettore può sforzarsi di indagare. Uno di essi poi in particolare sembra stagliarsi nettamente al di sopra di tutti gli altri, nella sua lungimirante visione della realtà di Stoner e dell'umanità tutta: Dave Masters, un giovane dottorando, che trovò la morte subito dopo essere sbarcato in Europa durante la prima guerra mondiale. La sua figura e il suo triste ricordo accompagna il protagonista per tutta la vita, nella consapevolezza della sua illuminante comprensione della reale natura e dell'inevitabile destino di Stoner:
Anche tu sei uno dei malati: sei il sognatore, il folle in un mondo ancora più folle di lui, il nostro Don Chisciotte del Midwest, che vaga sotto il cielo azzurro senza Sancho Panza [...] Anche tu sei votato al fallimento. Ma anziché combattere il mondo, ti lasceresti masticare e sputare via, per ritrovarti in terra e chiederti cos'è andato storto. Perché ti aspetti sempre che il mondo sia qualcosa che non è, qualcosa che non vuole essere. Sei il maggiolino nel cotone, tu. Il verme nel gambo di fagiolo. La tignola nel grano. Non riusciresti ad affrontarli, a combatterli: perché sei troppo debole, e troppo forte insieme. E non hai un posto al mondo dove andare.
John Williams ha una prosa che sembra promettere
tanto, tantissimo, e che mantiene le proprie promesse. Insieme ad altri
grandissimi esponenti della letteratura americana del secondo Novecento è in
grado di raccontare con una narrazione delicatissima ma allo stesso precisa in
ogni suo dettaglio vicende umane tanto comuni e quindi proprio per questo tanto
esemplari. Con le dovute e ovvie differenze, mi ha ricordato la maestria di
un altro grande scrittore statunitense, che amo profondamente, Bernard
Malamud, grazie alla loro capacità di far procedere la prosa per
sottrazione, di aggettivi, abbellimenti, complessità, e perché no, persino
avvenimenti, riuscendo comunque in un modo che appare miracoloso (è così
che lo definisce Peter Cameron nella bella postfazione al testo) ad
arrivare in profondità al cuore e alla mente del lettore.
«Cosa ti aspettavi?» si continua a ripetere Stoner
alla fine della sua vita. E noi, cosa ci aspettavamo da questo libro? Qualsiasi
cosa fosse, è certo che esso ha superato ogni nostra più rosea aspettativa. Ho
finito l'altro ieri di leggerlo, e mi è sembrato di essere compagna e
spettatrice muta di un'intera esistenza. Mi mancherà Stoner.
11 commenti
Uno dei mie libri preferiti, ottima recensione
RispondiEliminaGrazie mille! :)
EliminaGrave carenza tra le mie letture... Dovrò provvedere a colmare la lacuna al più presto!
RispondiEliminaSi, devi assolutamente! Ad aver spinto la mia curiosità verso questo libro è stato da un lato il mio impegno con la rubrica editore del mese certamente, ma dall'altro lato (ben più importante) il fatto che nella piccola libreria indipendente della mia città questo libro ha raggiunto la quota non scontata di 500 vendite insieme a I miei piccoli dispiaceri di Miriam Toews. Non seguo le classifiche di lettura, ma se un libro è in grado di fare questi grandi numeri tra i lettori ipersensibili ed esigenti della suddetta libreria... Beh, è indicativo! :)
EliminaPezzo degnissimo di tale capolavoro il tuo, brava!
RispondiEliminaConcordo su tutto e ora che mi ci hai fatto pensare è vero che la scrittura di Wiliams in Stoner, così delicata e minimale, ricorda quella di Malamud.
PS: Tempo dopo aver letto Stoner, basandomi sulla stima per Williams, ho deciso di leggere il suo Butcher's Crossing, ma è stato una megadelusione, non sembra nemmeno lo stesso scrittore.
Grazie mille Margherita :) Purtroppo c'è sempre il rischio concreto che autori che abbiamo amato con un'opera poi ci deludano fortemente con un'altra... Sempre rimanendo in tema Malamud, la stessa cosa mi è successa con la lettura di Ritratti di Feldman dopo il Commesso. Una tragedia! Per fortuna poi, non scoraggiandomi, sono passata a L'uomo di Kiev e Le vite di Dubin che mi hanno fatto innamorare nuovamente!
EliminaHo amato questo libro nonostante il timore che le mia aspettative potessero essere troppo alte... Per me è stato un percorso bellissimo, a fianco di Stoner e di tutti gli altri personaggi, proprio come han ben detto tu :)
RispondiEliminaUna grandissima, perchè semplice, storia di vita.
Ciao Marta! Anche io temevo per le mie aspettative onestamente, per fortuna sono state ampiamente rispettate. Ultimamente mi capitano per le mani libri davvero sorprendenti (non ultimo Dracula di Bram Stoker, che ho iniziato giusto ieri)... Quale strano allineamento cosmico si starà verificando? ^^
EliminaSO che prima o poi lo leggerò, eppure finisce sempre in coda a tanti altri "imperdibili". Mi occorrerebbe una fatina dei buoni propositi librosi, per farmi da coscienza in materia! :P
RispondiEliminaAhahaha, come ti capisco! La mia lista di imperdibili destinati alla lettura è così lunga che non saprei nemmeno da dove cominciare!
EliminaGreat post thaanks
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