Questa sarà una recensione giocata sul filo del rasoio. Sì, perché sono pronta ad attirarmi le antipatie dei Potterhead doc, che in questo momento probabilmente sono lì a misurare millimetro per millimetro ogni singola parola della nuova avventura dei maghi più famosi dell'intero pianeta, Harry Potter e la maledizione dell'erede.
Attenzione però, non ho nulla contro chi vive in maniera immersiva e penetrante le letture e le avventure di questo magico mondo. Però, io non sono una Potterhead doc, io leggo e giudico sulla scorta degli strumenti che mi appartengono, quelli della critica letteraria (e se volete a questo punto potete fare partire una pernacchia).
Dunque, partiamo dalle basi, non del tutto scontate: Harry Potter e la maledizione dell'erede non è un romanzo. Si tratta difatti della sceneggiatura su cui si è basata l'omonima trasposizione teatrale debuttata a Londra lo scorso luglio. È dunque una differenza fondamentale da tenere in conto nel momento della lettura, perché come saprete una sceneggiatura è costituita esclusivamente da due elementi: dialoghi e didascalie, dove queste ultime rappresentano prettamente indicazioni sceniche. Lo sforzo immaginativo del lettore dovrà dunque avere una marcia in più in questo caso, dovrà sforzarsi di entrare nei meccanismi di uno spettacolo teatrale.
Seconda informazione essenziale: Harry Potter e la maledizione dell'erede non è stato scritto da J.K. Rowling. Ebbene sì, è basato su un'idea (quello che viene più professionalmente definito soggetto) della celebre scrittrice britannica, ma la stesura vera e propria è stata realizzata da John Tiffany e Jack Thorne. Anche per questa ragione pertanto dovremo sforzarci di evitare paragoni con gli altri sette libri della saga.
La mia idea è che, date le circostanze possiamo limitarci a considerare fondamentalmente due aspetti di quest'opera: la trama (cercando di tenere a mente anche tempi e spazi che la rappresentazione teatrale pretende), e in misura limitatamente minore, lo sviluppo dei personaggi. Dico limitatamente perché i personaggi di una sceneggiatura vivono soprattutto in funzione degli attori che li impersonano.
Harry Potter e la maledizione dell'erede
J.K. Rowling
John Tiffany
Jack Thorne
Salani editore
Traduzione: L. Spagnol
Pagine: 368
Prezzo: 19,80€
Data di pubblicazione: 24 settembre 2016
La nuova storia di Harry Potter inizia esattamente dove e come avevamo lasciato i nostri beniamini otto anni fa: sui binari della stazione di King's Cross, quando, con un salto temporale di 19 anni rispetto alla trama principale, troviamo Harry e Ginny ormai marito e moglie, con i loro tre figli, James, Albus Severus, e Lily, e dall'altro lato Ron e Hermione, anche loro felicemente sposati, con i loro due figli, Rose e Hugo.
Risulta chiaro sin da subito che il vero protagonista, fulcro di tutta la storia sarà Albus Severus Potter. Pronto a salpare per Hogwarts, il Potter di mezzo è comprensibilmente pieno di dubbi, soprattutto per quello che sarà il suo destino al momento dello smistamento delle case: Grifondoro o Serpeverde? A condividere le sue paure, però, ecco il giovane Scorpius Malfoy, figlio di Draco con il quale stringerà sin da subito una forte amicizia.
Inizia da qui un bel sovvertimento dei classici schemi dicotomici che dividevano buoni e cattivi, tipici soprattutto degli albori della storia della Rowling. Albus e Scorpius non potrebbero essere più diversi dai loro genitori: entrambi insicuri e quasi outsider, entrambi incapaci di farsi altri amici, entrambi incapaci nel Quidditch (soprattutto il giovane Potter). Insomma, sostanzialmente entrambi sentono di mancare in qualcosa rispetto all'eredità dei propri genitori, e la cosa non fa altro che unirli in un profondo affetto fraterno nonostante la superficiale e prevedibile visione di un mondo che li vorrebbe separati e contrapposti. Un forte sentimento di frustrazione e impotenza anima le loro vite, dal momento che, come ci insegna la tragedia greca, le colpe dei padri ricadono sui figli: la colpa di una fama dalla quale non vorrebbero essere accompagnati soprattutto, nel bene (come nel caso di Harry Potter) e nel male (come nel caso di Draco Malfoy).
E in che modo superare questa cosa? Semplice, imbarcandosi in un'avventura dai nobili scopi, che possa dimostrare il loro valore. Un'avventura che sovverta il loro magro presente, rivolgendosi al passato, grazie ad uno strumento che tutti conosciamo: un giratempo. È così che il cuore pulsante della narrazione ha inizio, attraverso continue incursioni tra i due piani e attraverso un imperativo categorico che quelli della mia generazione hanno conosciuto grazie agli insegnamenti di Doc Emmet Brown (presente ovviamente in una lunghissima tradizione di letteratura fantascientifica) in Ritorno al futuro: ogni minimo cambiamento nel passato può avere conseguenze impensabili nel futuro. D'altronde già nel Prigioniero di Azkaban, Albus Silente ci ammoniva: «Cosa misteriosa il tempo: potente e, quando ci s'intromette, pericolosa». A testimonianza di quanto la tematica di un passato che si crede imperfetto da un lato, e di un futuro che si vuole riscattare dall'altro, sia largamente presente e importante nella mitologia potteriana.
Ma non soltanto il tempo è al centro della narrazione: nella migliore tradizione della saga al centro troviamo anche l'amore, la lealtà , e l'amicizia, visti come sentimenti che non soltanto animano la vita, ma contribuiscono in maniera imponente anche scriverne il destino.
Purtroppo però, c'è qualcosa che stona lungo quest'intreccio, e non è dovuto a forzature o risvolti improbabili, al contrario: la stonatura è data dal fatto che tutto fila in maniera fin troppo liscia. Tutto quello che ci aspetteremmo, accade. I colpi di scena sono pochi, cosa comunque sempre positiva, ma più che sgomento lasciano un sorriso canzonatorio sulla bocca di chi legge. Insomma c'è un infantilismo di fondo, che purtroppo stenta a decollare. Quasi come se ci trovassimo di fronte ad un blockbuster book preso in mano per intrattenerci piacevolmente (io ho letto il libro tutto d'un fiato, eh, non posso negarlo), ma non per certo per sorprenderci o meglio ancora interrogarci. E questo, forse, per chi ha trascorso l'infanzia con la saga di Harry Potter, e ora è un giovane adulto dagli appetiti letterari più esigenti, può rappresentare un grosso ostacolo all'accettazione del libro.
Un medesimo ragionamento inoltre può essere applicato ai personaggi principali, che in sostanza non fanno altro che confermare se stessi, nei loro pregi e nei loro difetti, spingendo vecchi lettori a rituffarsi nella loro imperitura compagnia; mentre tra i due nuovi piccoli eroi è soprattutto Scorpius Malfoy a colpire: un po' nerd come Hermione, un po' burlone come Ron, un po' impacciato come Neville, il risultato finale è quello di una spalla al protagonista davvero adorabile, tanto anzi da offuscare leggermente nelle simpatie del lettore il personaggio di Albus.
Due scene dalla rappresentazione teatrale. |
Lo stesso dicasi per la rappresentazione teatrale in scena a Londra da luglio e sold out per tutto il 2016. Che la sua spettacolarità sia grande ed emozionante infatti è fuor di dubbio: basti guardare ai frequentissimi cambi di scena che prevede la sceneggiatura, ma soprattutto le indicazioni contenute nelle didascalie, che lasciano col fiato sospeso già solo a leggerle:
Improvvisamente un alito di vento gelido attraversa il teatro. Mantelli neri si alzano tra il pubblico. Mantelli neri che diventano figure nere. Che diventano Dissennatri. Dissennatori volanti attraversano il teatro. Orribili sagome oscure. Sono tutto ciò che deve essere temuto. Succhiano lo spirito della platea. Il vento continua. È l'Inferno. E poi, dal fondo della stanza e per tutto il palco, parole sussurrate da una voce inconfondibile. [...] Haaaarry Pooooottttter...
In conclusione, non si può fare a meno di consigliarlo, seppur tiepidamente. Non entrerà nel canone delle narrazioni epiche della nostra modernità , ma avrà comunque il merito non scontato di farvi passare qualche piacevole e leggera giornata di lettura. Cosa che ha in sé sempre qualcosa di magico.