Harry Potter e La Pietra Filosofale - Nuova edizione illustrata da Jim Kay
Un paio di giorni fa, a quanto dicono, si celebrava il mio ventiseiesimo genetliaco (e diciamo che io non ne ero particolarmente entusiasta, ultimamente il tempo che passa mi ossessiona). Una cosa buona però è accaduta: ho ricevuto dal mio ragazzo (o dopo i venticinque anni si dice compagno?) un regalo tanto agognato, la nuova edizione illustrata da parte di Jim Kay di Harry Potter e La Pietra Filosofale pubblicata in Italia sempre dalla Salani Editore (29 €).
Quale miglior modo per esorcizzare il tempo che passa se non abbandonarsi a bellissimi disegni e a una storia intramontabile?
Sembra che la mano di Jim Kay sia stata scelta dalla Rowling in persona, e devo dire che tutta la soggettiva sensibilità di questo artista traspare nel testo, anche nella scelta di quando far comparire determinate illustrazioni. Ad esempio ero fortemente stupita del fatto che fino a più di metà del libro non comparisse ancora un'illustrazione di Hermione, salvo poi trovarne una a tutta pagina mentre è intenta in una delle sue sorprendenti magie. Tutti i personaggi principali, ovviamente, posseggono delle illustrazioni a tutta pagina davvero stupende. Troviamo Ron Weasley con la sua aria leggermente allampanata, ma profondamente buona; Albus Silente, ritratto nel suo studio con gli ormai leggendari occhiali a mezza luna sul naso aquilino, intento a far scorpacciata di caramelle; Severus Piton con lo sguardo accigliato di chi sembra covare segreti inenarrabili; la professoressa McGrannit (sì, mi ostino a chiamarla così, ci arriveremo tra poco) con il suo portamento severo e inflessibile; Draco Malfoy con i suoi occhi di ghiaccio e i suoi capelli d'argento; e infine ovviamente loro: Harry Potter, in un mirabile ritratto in bianco e nero, l'aria di chi ha già combattuto mille battaglie ma mantiene la sua immensa ingenuità, e il professor Quirrell che nasconde, come un parassita, sotto il suo turbante, ciò che rimane di Lord Voldemort.
Lo stesso Jim Kay, sul suo sito web inoltre ci parla di alcuni di questi ritratti, mostrandoci le suggestioni più svariate che lo hanno animato: ad esempio la porta che si intravede sul retro del ritratto di Hermione apparterrebbe alla All Saint Church di Thornham, da lui visitata l'anno precedente; o ancora addirittura le più minute suggestioni da lui seguite nella realizzazione dei tessuti che compongono il Cappello Parlante. Se ci pensiamo un attimo, un tale lavoro certosino è davvero straordinario per un libro che contiene almeno un centinaio di illustrazioni. Se volete approfondire, potete visitare questo link.
Non solo immagini a tutta pagina ovviamente campeggiano nel testo: anzi, a mio parere le più belle sono quelle che si insinuano tra le righe, sopra di esse, accanto ad esse. A volte sono proprio loro le protagoniste della pagina. Le mie preferite sono queste: un grande e grosso Hagrid che incornicia il titolo del capitolo, mentre dorme in maniera un po' beonesca nella capanna in cui si sono rifugiati i Dursley per sfuggire alle lettere di Hogwarts; e dall'altro lato il primo vero dialogo tra Harry e Silente nella stanza in cui è nascosto lo Specchio delle Emarb che mostra al piccolo eroe, per la prima volta nella sua vita, l'immagine dei suoi genitori.
Infine, cosa da non sottovalutare e che devo assolutamente segnalarvi: determinate illustrazioni sono venate da una sinceramente divertente ironia. Non so se effettivamente voluta e pensata dallo stesso Jim Kay, dalla Rowling, dagli editor, o da chi per loro. Sta di fatto che il risultato è davvero di completamento rispetto all'ironia che spesso pervade le pagine della storia, anche in questo capitolo della saga, in fondo ancora un po' acerbo stilisticamente. Ad esempio, un'illustrazione che ho adorato è stata questa sorta di scheda illustrativa, che fa tanto aria di enciclopedia, sui troll. Se la risoluzione dell'immagine qui caricata ve lo permette (la trovate poco più giù, per motivi di spazio), leggete il testo che accompagna le immagini.
Vorrei continuare in eterno a illustrarvi le immagini che più mi hanno affascinato, ma temo che la Salani potrebbe chiedermi i diritti di riproduzione se continuo. Passerei pertanto ad un'altra questione che mi sta abbastanza a cuore, riguardo al testo: il problema della traduzione. Arrivo tardi anni luce, lo so. Ma esprimerò lo stesso la mia opinione e spero di poter sentire anche la vostra.
Nel 2011, la Salani ha lanciato la nuova edizione tascabile della serie, riveduta e corretta dal punto di vista della traduzione grazie al lavoro di curatela svolta da Stefano Bartezzaghi. L'intento era quello di restituire al testo la dignità dei giochi di parole e delle parole chiave volute dalla Rowling in lingua originale. E fino a qui devo dire che non ho molto di cui lamentarmi. Il problema, per quanto mi riguarda si pone per ciò che riguarda il sistema dell'onomastica dei personaggi.
Quasi tutti i protagonisti del libro difatti posseggono quello che in latino si definisce un nomen omen, ovvero un nome parlante, che indica alcune precise qualità del personaggio. In alcuni casi la traduzione di Marina Astrologo aveva trovato degli ottimi compromessi: la professoressa Minerva McGrannit con il suo nome (che in italiano ci ricorda il granito) anticipava la durezza del proprio atteggiamento e portamento, rispetto all'originale McGonagall, che deriva da un antico nome celtico Gonegal che significa "il più forte"; Neville Paciock (che in italiano ci rimanda a qualcosa di paciocco, e quindi tenero, buffo) traduceva l'originale Neville Longbottom (tecnicamente "sederone"); il temuto custode Gaza con il suo nome ci ricorda l'animale ladro per eccellenza, sempre pronto a cogliere in fallo le sue vittime, rispettando l'originale Filch (che in inglese significa "rubacchiare"), e così via. L'unico nome che aveva destato qualche protesta fu quello di Albus Silente, il cui cognome è un participio presente che in italiano ci rimanda alle qualità silenziose e meditative di una persona, restituendo un senso di placida sicurezza. Nell'originale, come invece più o meno tutti ormai sanno, il cognome del preside di Hogwarts era Dumbledore, una parola complessa, forma arcaica di "bumblebee", che tecnicamente significa "bombo", suggerendo pertanto l'idea di un mago sempre attivo, rumoroso e arzillo, insomma tutt'altro che silente.
Tutti questi nomi, dai meglio ai peggio tradotti, inevitabilmente sono entrati a far parte di un immaginario mitico collettivo, non solo grazie alla forza dei libri, ma anche e soprattutto grazie ai film che nel frattempo furono lanciati sul mercato in Italia. Quando nel 2011 esce la nuova edizione curata da Bartezzaghi, la saga cinematografica si è già conclusa. Harry Potter entra a far parte di un pantheon mitico della mia generazione. Perché allora tornare a questo punto ai nomi originali (quasi tutti ad eccezion di Silente, si badi)? Ed inoltre che senso ha restituire coerenza linguistica al sistema onomastico, se in italiano i significati che esso suggerisce non reggono? Ho come l'impressione che si sia agito sul testo in un'ottica eccessivamente filologica, in base alla quale, emendato un "errore" di un tipo (ad esempio i vari giochi di parole presenti nel testo), per analogia li si doveva emendare tutti. Senza tener conto appunto di un immaginario collettivo ormai canonizzato, e che in ogni caso fino a quel momento aveva funzionato.
Non so voi, ma a Neville Longbottom preferirò sempre il tenero, sbadato, pacioccone Neville Paciock, e poco importa se alla fine della saga egli si rivela uno dei ragazzi più coraggiosi della scuola; anzi quel Paciock mi fa pensare ad una bontà intima, ma non per questo smidollata, presente in lui sin dall'inizio del testo.
P.S. Perdonate la risoluzione e il taglio delle mie immagini, avevo a disposizione solo la misera fotocamera del cellulare, il formato del libro era troppo ampio per permettermi una scannerizzazione tramite la mia stampante. Sul web di certo ne trovate di migliori.
5 commenti
Io sto ancora rimpiangendo la scelta della Salani di togliere le illustrazioni a partire dal quinto volume dell'edizione storica (ma già nel quarto erano ridotte alla sola intestazione del capitolo): le immagini originarie, con la loro essenzialità, avevano un'aura fiabesca che mi incantava. Comunque anche questa edizione mi sembra meritevole.
RispondiEliminaConcordo poi sulla questione dei nomi: il lavoro di trasposizione fu a tempo parecchio certosino (le prime edizioni avevano anche un'esaustiva nota del traduttore) e, come dici, ha dato vita ad un immaginario ormai familiare, la cui mancanza sarà difficile da sopportare per chi vi si è affezionato.
Ciao Cristina! Giusto ieri si discuteva con un ragazzo delle vecchie illustrazioni sulla pagina Facebook del blog. È vero, possedevano un fascino unico e in qualche maniera ancora una volta mitico per noi di quella generazione. Colpivano di più il cuore dei piccoli lettori. Queste illustrazioni hanno invece una natura artistica che forse effettivamente solo i più grandicelli possono apprezzare!
EliminaE' veramente stupenda quest'edizione. Mannaggia a te che mi hai fatto venire ancora più voglia di averla :)
RispondiEliminaAhahahaha, perdonami Marta!! :) Beh, Natale non è molto lontano, io lo inserirei nella letterina per Babbo Natale!
EliminaLa stessa Rowling fu molto severa con l'edizione italiana, diversi nomi, come tu scrivi, sono stati "snaturati" privilegiando sono l'assonanza con gli originali.
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