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Arrival: la linguistica si fa fantascienza

by - 11:24



Questo sarà il primo appuntamento della mia rubrica Oltre le pagine, dedicata ai libri diventati cinema o televisione, in cui infrangerò una delle regole fondamentali che la reggono: questa volta non ho letto il libro alla base del film di cui parleremo. Quindi oggi parlerò esclusivamente della rappresentazione cinematografica di esso. Attenti però agli eventuali spoiler.

Arrival è un film del 2016 diretto dal regista Denis Villeneuve e candidato a ben 8 premi Oscar, cosa non da poco per una pellicola di genere. Alla base della storia troviamo il racconto di una delle migliori penne fantascientifiche dei nostri tempi: Storia della tua vita, incluso nell'omonima raccolta  di Ted Chiang (Frassinelli Editore, 18,50€). 
La trama è presto detta: in un presente del tutto simile al nostro, compaiono un giorno 12 astronavi aliene (soprannominate "gusci" per via della forma che li contraddistingue) in 12 punti apparentemente casuali della Terra. Tutte le intelligence, i reparti militari, e le forze scientifiche dei vari governi del mondo, immediatamente si mobilitano, per cercare di ottenere risposte tanto elementari quanto importanti: chi sono? Cosa vogliono? Da dove vengono? E ancora, in che modo comunicare? Proprio per risolvere questo problema il governo americano decide di includere tra i propri reparti la dottoressa Louise Banks (interpretata dalla magnifica Amy Adams), linguista di fama internazionale, accompagnata dal fisico teorico Ian Donnelly (interpretato da Jeremy Renner). 

Già da queste poche righe si può evincere come Arrival sia un fantascientifico abbastanza sui generis, per chi è fondamentalmente abituato ai classici del genere, tutti effetti speciali e battaglie. Piuttosto il film si inserisce in un filone che negli ultimi anni va crescendo sempre di più, che abbiamo visto ad esempio con Interstellar, o con The Martian: quello cioè che, pur con ovvi voli fantastici (quindi vi prego sostenitori del puro vero, back off), si addentra davvero nella meraviglia della scienza. La scienza diventa fica, sorprendente, disarmante. La spettacolarità, anche dell'estetica di determinate scene, non è predominante, perché è la storia, col suo carico di significati, ad esserla. 
La cosa, a mio giudizio, più fica di tutto in questo film è che al centro ci troviamo una scienza che la maggior parte delle persone sconoscono: la linguistica. E non la linguistica delle vocali aperte e delle vocali chiuse, dei dialetti e delle varietà regionali, ma quella più interdisciplinare della linguistica teorica, che studia i meccanismi che stanno alla base della capacità del nostro cervello di capire e produrre il linguaggio.
Perché è ovvio che comunicare con gli alieni non comporti un mero problema di traduzione, ma innanzitutto un problema di comprensione, inteso nel senso più ampio del termine: comprensione del cervello alieno, dei suoi modi di interpretare la realtà e quindi di rappresentarla attraverso la lingua.


Ted Chiang, che non ha caso tra i suoi mille interessi annovera proprio la linguistica, si rifà infatti ad una delle teorie più discusse di questo campo, quella di Sapir-Whorf, i quali, nella prima metà del secolo scorso, cercarono di dimostrare come la lingua condizioni il nostro modo di categorizzare la realtà. L'esempio più classico riportato dai manuali in questo senso è dato da una serie di esperimenti condotti tra gli anni '80 e '90 del secolo scorso (quando la teoria Sapir-Whorf fu ripresa da molti studiosi). Cavie di questo esperimento furono dei gruppi di bambini inglesi e coreani, non ancora in grado di parlare, ma già esposti alla lingua di appartenenza (quindi fino ai 2 anni di età, all'incirca); il loro compito era quello associare quattro possibili azioni: mettere il cappello ad una bambola, mettere il cappuccio ad una penna, mettere una tessera nel puzzle e infine mettere un giocattolo nel box. Ebbene, si notò che i bambini inglesi che categorizzavano le azioni in base alle preposizioni "in" e "on", associavano l'azione del mettere il cappello alla bambola e il cappuccio alla penna da un lato, e dall'altro lato l'inserire la tessera nel puzzle e il giocattolo nel box; al contrario i bambini coreani ragionavano secondo relazioni "strette" oppure "larghe", associando la penna e il puzzle da un lato, e il gioco e la bambola dall'altro lato. Perché? Perché esiste un unico modo per collocare il cappuccio sulla penna e la tessera nel puzzle, mentre tanti diversi modi per collocare il cappello sulla bambola e il giocattolo nel box. Esistono difatti in coreano dei morfemi (delle parole dunque) specifici per indicare questo tipo di relazioni, strette e larghe, che nelle lingue indoeuropee non esistono. 

Ecco allora che Ted Chiang riprende questa teoria per spiegarci (anche attraverso un vasto apporto della filosofia), che gli alieni categorizzano in modo del tutto differente dagli umani il tempo: per loro il tempo non è lineare, con un inizio e una fine, ma circolare, in una sorta di eterno ritorno. È attraverso la lingua che essi esprimono e comprendono nella propria mente, questa circolarità, ed è la loro lingua e dunque le categorie della loro mente, e dunque ancora una rappresentazione circolare del tempo, che essi vogliono donare alla specie umana, come uno strumento in grado di salvare le sorti delle specie. 
Il motivo della circolarità è rappresentato anche dai segni visivi che gli alieni usano per comunicare con gli umani, che non posseggono una direzione lineare (da destra verso sinistra o viceversa) come tutte le lingue umane, ma è semplicemente circolare, e soprattutto è semasiografica, un parolone che indica semplicemente il fatto che la scrittura alinea veicola significati, ma non rappresenta suoni: in pratica ciò che gli alieni dicono e ciò che alieni scrivono non corrisponde. 
Sono tutte capacità sconosciute alla mente e al linguaggio umano, e in più veicolanti enormi vantaggi: se un essere umano dovesse scrivere con entrambe le mani contemporaneamente una frase, partendo da entrambi i lati, dovrebbe innanzitutto trasmettere al cervello la frase, poi aver chiaro contemporaneamente ciò che scrive e quanto spazio esso occuperebbe nel foglio per distinguere le parole. Un alieno no: produce frasi circolari complesse in meno di due secondi. È questo che vogliono donare all'umanità. 





E in tutto ciò, al di là della meraviglia scientifica e fantascientifica che il film racchiude, c'è un messaggio di profondissima speranza, più attuale che mai in questo momento storico: la diversità è forza, la diversità è ricchezza, anche quando giunge da esseri addirittura alieni. E non solo, anche la collaborazione è forza; non è un caso quindi che il mondo sia stato "invaso" da 12 diverse navicelle: fare un dono all'umanità significa innanzitutto unirla nelle sue differenze, e gli alieni sanno bene che una volta sulla terra si dovranno trovare ad affrontare tremende differenze. Solo 12 misteriosi oggetti volanti, nei punti più disparati del globo, potranno spingere le forze umane ad unirsi per chiedere: «Perché?». 

«La lingua è il fondamento della civiltà, il collante che tiene insieme un popolo. È la prima arma che si sfodera in un conflitto [...] Beh il fondamento della civiltà non è il linguaggio, è la scienza», afferma all'inizio del film il fisico Ian Donnelly in risposta alla dottoressa Louise Banks. Un doppio errore, possiamo affermare alla fine della visione: perché la lingua è una scienza (in questo caso diviene addirittura fantascienza), e senza la lingua non esiste la scienza, e dunque non esiste civiltà. 

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10 commenti

  1. Grandioso!
    Lo sospettavo che fosse un film di quelli tosti e fichi, ne ho letto quasi solo recensioni positive e questa tua è veramente interessante. Mi era già venuta voglia di leggere il racconto da cui il film è stato ispirato, mi piace la fantascienza cerebrale (alla Interstellar, per fare un altro esempio).
    Anche l'unica recensione negativa di cui ho letto mi ha di fatto convinto ancora di più a vedere il film, considerando da chi e dove è stata fatta (Acerbi su Il Giornale, capirai)

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    1. Ho letto anche io la recensione sul Giornale per documentarmi un po'... Va beh, sorvoliamo!!! ^^ Spero davvero che ti possa piacere!

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  2. Non amo la fantascienza, anzi, è un genere da cui mi tengo lontana, specialmente in versione cinematografica. Però, cavolo... mi hai messo una curiosità! :)

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    1. Io la sto rivalutando solo negli ultimi anni, proprio per l'esplosione di questo sottogenere "celebrale" come lo definiva nel commento precedente Eva! Spero che non ti deluda :) È chiaro che quanto ho scritto è una visione personale di ciò che il film mi ha trasmesso, anche le stesse teorie linguistiche che cito, le ho dedotte, dal momento che non se ne fa menzione diretta nella pellicola. Fammi sapere!

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  3. All'inizio questo film non volevo vederlo, la fantascienza mi esalta ben poco, ma quando ho saputo di questo suo aspetto "linguistico" ho cambiato idea e voglio assolutamente vederlo. Mettici pure la presenza di Amy Adams a confermare il cambiamento (la adoro!).

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    1. Amy Adams è spettacolare, da American Hustle in poi sembra che finalmente anche il pubblico se ne stia rendendo conto! Spero che il film non ti deluda :) Mi sento un pochetto di ansia da prestazione adesso, visto che sei una grande appassionata cinefila!!! ^^

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  4. Avevo letto di questo film e ho intenzione di andare a vederlo il prima possibile. Ho studiato un poco di linguistica e glottologia all'università e, anche se non ho approfondito così tanto, è un argomento che mi affascina, soprattutto per quanto riguarda i suoi risvolti antropologici, quindi mi sa che è proprio il film adatto a me!
    Ho sfidato la paura degli spoiler e letto tutto l'articolo, penso che avrò comunque delle belle sorprese al cinema quando andrò a vederlo :)

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    1. In effetti di "spoileroso" nell'articolo c'è ben poco, ma ho preferito comunque avvertire :) Che bello trovare qualcun' altro che come me ha amato la linguistica! Io ne ho studiata a iosa tra linguistica italiana, linguistica generale, storia della lingua italiana e linguistica teorica, ma quella che mi ha affascinato di più è stata l'ultima, perché è davvero la materia più interdisciplinare, con collegamenti con la filosofia del linguaggio, la neurologia, la scienza ecc ecc. Spero che il film ti piaccia!

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  5. Io ancora devo vedere Interstellar, che già suscitò molta curiosità da racconti di amici. Non perderò neppure questo, dovrebbe essere già disponibile.
    Hai mai visto il bellissimo Contact del 1997?

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    1. No, mi manca! Vedrò di recuperarlo :) Interstellar è magnifico, molto macchinoso... Alla fine del film ti troverai un enorme punto interrogativo in testa, ma ne vale assolutamente la pena!

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