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I Middlestein - Jami Attenberg.

by - 08:49

Cosa diceva Tolstoj?  Che tutte le famiglie felici si somigliano mentre ogni famiglia è infelice a modo suo?
L'infelicità è una condizione tanto universale quanto particolare, e  riuscire ad addentrarsi nelle pieghe di essa, raccontarla, non è un'operazione sempre facile. Jami Attenberg tuttavia ci riesce con maestria.


I Middlestein 
di Jami Attenberg


La Giuntina
Traduzione: Rosanella Volponi
Collana: Diaspora
Pagine: 224
Prezzo: 15 €
Data di pubblicazione: 2014

L'infelicità dei Middlestein è presto detta: Edie e Richard sono sposati da 30 anni, hanno una bella casa, due figli e una vita apparentemente ricca. Eppure Edie non può fare a meno di mangiare, sempre, con un'ingordigia senza fine. Il cibo è una dipendenza, ma è anche amore, conforto. Per questo Richard, stanco di vedere la moglie in procinto di ammazzarsi con tutto questo amore, deciderà di lasciarla, e di iniziare una nuova vita nel pieno della sua mezza età.
Come possono i due figli, Robin e Benny, aiutare la madre? Semplice, non possono: a Robin piace bere, a Benny fumare gli spinelli. Robin è costantemente arrabbiata (soprattutto nei confronti del padre), Benny vive in un atteggiamento di totale apaticità rispetto a ciò che lo circonda, e a nulla varranno i tentativi di sua moglie Rachelle, donna tanto perfezionista quanto irrritante, di salvare la suocera. Solo Kenneth, un uomo asiatico di mezza età, proprietario di un ristorante cinese e innamorato di Edie nonostante tutto, sembra poter avere qualche influenza su di lei.

Ogni personaggio rivela così la propria umanità tanto imperfetta quanto reale, e Jami Attenberg riesce a mostrarla al lettore senza indulgenza e senza condanne, con il suo stile piano e asciutto, spesso ironico, aderente a tutte le assurdità della vita, noi stessi in primis. 
Madame Bovary c'est moi diceva Flaubert, Le Middlestein sont moi, aggiungerei io.
Le nostre imperfezioni ci uccidono, ma ci salvano allo stesso tempo, permettendoci di rimanere disperatamente umani nonostante tutto. 
E da ogni ossessione può sempre nascere un atto d'amore. O almeno è questo ciò che tenterà di realizzare in ogni modo Kenneth nel tentativo di salvare Edie dal cibo, da se stessa, dalla realtà. Non a caso in un romanzo in cui il cibo è protagonista incontrastato, motore principale delle vicende narrative, è Kenneth l'unico personaggio che cucina, con amore e dedizione. 
L'amore, il cibo, le ossessioni, tasselli diversi di un unico puzzle.

Andò in cucina perché sapeva che l'avrebbe trovata là. Che mangiava già prima che lui arrivasse con la cena. Che mangiava tutto quel cibo spazzatura che amava così tanto: biscotti, patatine, cracker. Enormi barattoli, scatole e buste di schifezze. Era quella roba che la stava facendo ammalare. Mangiare cose fatte dalle macchine invece che dalle mani. Ma lui avrebbe cambiato tutto questo, anche se avesse dovuto prepararle lui stesso ogni singolo pasto. 

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