Le mie copie: Sapiens (che nella vecchia edizione si intitolava Da animali a dei) e Homo Deus.Entrambi sono pubblicati da Bompiani. |
Sin da piccola sono sempre stata attratta da quei manualoni illustrati per bambini, ricchi di curiosità e informazioni sul mondo che mi circondava. Per un periodo, come tutti i piccini suppongo, ho avuto la fissazione dei dinosauri, poi è stata la volta dell'astronomia e infine della tecnologia (adoravo quei titoli che promettevano «la storia di tutte le invenzioni umane»). Diventata più grandicella è stata la volta dei libri di Piero e Alberto Angela. Ricordo anche che in un enorme impeto di speranza mia madre mi comprò il libro di Stephen Hawking contenente la famosa «teoria del tutto», ma quello non arrivai mai a leggerlo.
In anni in cui in Italia sembrano mettersi in discussione le basilari e fondamentali conquiste che la Scienza ci ha donato, in cui un oscurantismo irrazionalista proveniente innanzitutto dall'ignoranza e dalla presunzione ha le sue conseguenze sulla pelle di chi è più debole e vulnerabile, io mi compiaccio di esser stata una bambina tanto curiosa. Mi chiedo chi sarei se non mi fossi abbandonata con tanta fiducia ai testi di divulgazione e se non avessi proseguito i miei studi oltre il liceo, cosa che mi ha insegnato innanzitutto l'umiltà nel riconoscere le professionalità e le conoscenze altrui, e la volontà di farle mie.
Non tutti però conoscono una sorte simile alla mia, e allora spesso è dovere della Scienza andare incontro alle persone. È più che mai evidente che per combattere complottismi e oscurantismi è necessaria una comunicazione della Scienza che non la renda più affare di pochi eletti, ma patrimonio di tutti. La scienza non sarà democratica, ma la sua accessibilità deve necessariamente esserlo.
E da dove passa la comunicazione se non dai libri?
Sono diversi i saggi di divulgazione scientifica per adulti, dal taglio universalistico e democratico, che negli ultimi tempi stanno conoscendo fortuna in libreria (uno degli esempi più lampanti probabilmente è l'inaspettato successo di Carlo Rovelli per Adelphi).
Tra questi, anche i due testi di cui voglio parlarvi oggi: Sapiens - Da animali a dei, breve storia dell'umanità e Homo Deus - Breve storia del futuro, entrambi di Yuval Noah Harari, docente di Storia Mondiale presso la Hebrew University di Gerusalemme.
Come già potrete capire dal titolo si tratta di due saggi dalla prospettiva profondamente universalistica, e dalle grandi ambizioni: mostrarci da dove veniamo e dove stiamo andando.
Una fortissima compenetrazione dei saperi è inoltre evidente: c'è la storia certo, ma c'è anche l'antropologia, la filosofia, la biologia e la biotecnologia, l'ecologia, all'ombra della precisa constatazione che ogni strumento della mente umana sia necessario alla comprensione, senza distinzione tra saperi di serie A e saperi di serie B.
Sta in questo la più grande forza della scrittura di Harari: nel suo essere democratica e umile. Democratica perché ogni aspetto delle questioni affrontate, dalla più ostica alla più semplice, finisce per essere sintetizzato con un linguaggio intuitivo e accessibile, evitando tecnicismi, e laddove essi sono inevitabili, spiegandoli. Umile perché è chiaro che il possesso di una visione così ampiamente d'insieme della provenienza umana e del suo futuro conferisce all'autore quella suprema qualità che consiste nel riconoscere i limiti dell'essere umano, mostrandone debolezze e sbagli, ma nello stesso tempo riconoscerne la grandezza (anche qui non nascondendo debolezze e sbagli di essa).
Ogni cosa poi procede dall'universale al particolare, permettendo al lettore di non perdere mai i punti di riferimento in cui è immerso. Proprio per queste ragioni entrambi i libri sono suddivisi in tre macrocapitoli.
All'interno di Sapiens troveremo i tre grandi momenti che hanno caratterizzato la Storia dell'uomo: La rivoluzione cognitiva, La rivoluzione agricola, e infine La rivoluzione scientifica. Si tratta di una contronarrazione che tende a sradicare la catena di quel fiducioso evoluzionismo che abbiamo imparato a scuola: sapevate che l'Homo neardenthal in realtà aveva un cervello più sviluppato del nostro? E che la rivoluzione agricola è in realtà una delle maggiori imposture che ci siamo raccontati, avendo vissuto in condizioni decisamente migliori quando eravamo dei cacciatori-raccoglitori?
Ancora, anche Homo Deus segue questa tripartizione: Homo sapiens alla conquista del mondo, Homo sapiens dà un senso al mondo, e infine Homo sapiens perde il controllo. È una narrazione più controversa quella di questo secondo libro, se non altro perché in queste circostanze non ci possono venire in soccorso reminiscenze scolastiche, ma risulta egualmente godibile, anzi, forse più affascinante della precedente: non ci vengono offerte certezze sul futuro, ma ci vengono offerte concrete ipotesi di sviluppo che si basano innanzitutto sulla conoscenza del reale. Proprio il valore della conoscenza diventa il cardine su cui si sviluppa tutta la narrazione, partendo dal presupposto che essa rappresenta la nuova, incontrovertibile, risorsa di un futuro che non può più evidentemente reggersi sui semplici beni materiale e naturali della Terra. Ma questo in che modo cambierà le nostre società e i rapporti di potere tra gli uomini? E i rapporti tra uomini e macchine?
Non esistono risposte semplici, né quando guardiamo al nostro passato, né tantomeno quando guardiamo al nostro futuro. Esiste però la democrazia del pensiero, che ogni persona dovrebbe coltivare con gli strumenti a propria disposizione. Strumenti che però dovranno essere continuamente rivisti e calibrati sulla base della velocità di sviluppo della nostra società . Ecco perché sono sempre più convinta della necessità di una divulgazione scientifica democratica, che non si limiti ad essere sterile, ma che sia il più possibile polididattica, e soprattutto filosofica. Solo una filosofia della scienza e della tecnologia, intesa come capacità di ragionare su questi, prevedendone sviluppi e potenzialità , potrà davvero salvarci da noi stessi. E i libri di Harari fanno il loro sporco dovere in questa direzione.
E da dove passa la comunicazione se non dai libri?
Sono diversi i saggi di divulgazione scientifica per adulti, dal taglio universalistico e democratico, che negli ultimi tempi stanno conoscendo fortuna in libreria (uno degli esempi più lampanti probabilmente è l'inaspettato successo di Carlo Rovelli per Adelphi).
Tra questi, anche i due testi di cui voglio parlarvi oggi: Sapiens - Da animali a dei, breve storia dell'umanità e Homo Deus - Breve storia del futuro, entrambi di Yuval Noah Harari, docente di Storia Mondiale presso la Hebrew University di Gerusalemme.
Come già potrete capire dal titolo si tratta di due saggi dalla prospettiva profondamente universalistica, e dalle grandi ambizioni: mostrarci da dove veniamo e dove stiamo andando.
Una fortissima compenetrazione dei saperi è inoltre evidente: c'è la storia certo, ma c'è anche l'antropologia, la filosofia, la biologia e la biotecnologia, l'ecologia, all'ombra della precisa constatazione che ogni strumento della mente umana sia necessario alla comprensione, senza distinzione tra saperi di serie A e saperi di serie B.
Sta in questo la più grande forza della scrittura di Harari: nel suo essere democratica e umile. Democratica perché ogni aspetto delle questioni affrontate, dalla più ostica alla più semplice, finisce per essere sintetizzato con un linguaggio intuitivo e accessibile, evitando tecnicismi, e laddove essi sono inevitabili, spiegandoli. Umile perché è chiaro che il possesso di una visione così ampiamente d'insieme della provenienza umana e del suo futuro conferisce all'autore quella suprema qualità che consiste nel riconoscere i limiti dell'essere umano, mostrandone debolezze e sbagli, ma nello stesso tempo riconoscerne la grandezza (anche qui non nascondendo debolezze e sbagli di essa).
Ogni cosa poi procede dall'universale al particolare, permettendo al lettore di non perdere mai i punti di riferimento in cui è immerso. Proprio per queste ragioni entrambi i libri sono suddivisi in tre macrocapitoli.
La caverna delle mani, in Argentina, risalente ad un periodo compreso tra i 13 mila e i 9 mila anni fa. |
All'interno di Sapiens troveremo i tre grandi momenti che hanno caratterizzato la Storia dell'uomo: La rivoluzione cognitiva, La rivoluzione agricola, e infine La rivoluzione scientifica. Si tratta di una contronarrazione che tende a sradicare la catena di quel fiducioso evoluzionismo che abbiamo imparato a scuola: sapevate che l'Homo neardenthal in realtà aveva un cervello più sviluppato del nostro? E che la rivoluzione agricola è in realtà una delle maggiori imposture che ci siamo raccontati, avendo vissuto in condizioni decisamente migliori quando eravamo dei cacciatori-raccoglitori?
Ancora, anche Homo Deus segue questa tripartizione: Homo sapiens alla conquista del mondo, Homo sapiens dà un senso al mondo, e infine Homo sapiens perde il controllo. È una narrazione più controversa quella di questo secondo libro, se non altro perché in queste circostanze non ci possono venire in soccorso reminiscenze scolastiche, ma risulta egualmente godibile, anzi, forse più affascinante della precedente: non ci vengono offerte certezze sul futuro, ma ci vengono offerte concrete ipotesi di sviluppo che si basano innanzitutto sulla conoscenza del reale. Proprio il valore della conoscenza diventa il cardine su cui si sviluppa tutta la narrazione, partendo dal presupposto che essa rappresenta la nuova, incontrovertibile, risorsa di un futuro che non può più evidentemente reggersi sui semplici beni materiale e naturali della Terra. Ma questo in che modo cambierà le nostre società e i rapporti di potere tra gli uomini? E i rapporti tra uomini e macchine?
Non esistono risposte semplici, né quando guardiamo al nostro passato, né tantomeno quando guardiamo al nostro futuro. Esiste però la democrazia del pensiero, che ogni persona dovrebbe coltivare con gli strumenti a propria disposizione. Strumenti che però dovranno essere continuamente rivisti e calibrati sulla base della velocità di sviluppo della nostra società . Ecco perché sono sempre più convinta della necessità di una divulgazione scientifica democratica, che non si limiti ad essere sterile, ma che sia il più possibile polididattica, e soprattutto filosofica. Solo una filosofia della scienza e della tecnologia, intesa come capacità di ragionare su questi, prevedendone sviluppi e potenzialità , potrà davvero salvarci da noi stessi. E i libri di Harari fanno il loro sporco dovere in questa direzione.