Poche settimane fa è tornato nelle nostre librerie uno dei migliori scrittori inglesi contemporanei: Ian McEwan. Addirittura l'autore è tornato fisicamente in Italia, in occasione di un incontro organizzato a Torino dalla sua storica casa editrice, L'Einaudi. I più fortunati che mi leggono avranno avuto modo di partecipare.
C'è sempre qualcosa di estremamente confortevole nel ritrovare uno dei tuoi autori preferiti tra gli scaffali e le classifiche di vendita. Eppure se dovessi usare una parola per definire Nel guscio, il termine confortevolezza sarebbe probabilmente l'ultimo che userei.
C'è qualcosa di estremamente straniante nella narrazione messa su dall'autore inglese.
Al centro troviamo innanzitutto il punto di vista narrante, cioè quello di un feto al nono mese di gravidanza, ancora nella pancia della madre. E già questo dovrebbe dare la misura di ciò di cui stiamo parlando.
In secondo luogo, troviamo una storia che rappresenta, seppur sui generis, una riscrittura moderna dell'Amleto shakespeariano: la madre del bambino, Trudy, difatti, diventata amante del cognato Claude (!), combutta insieme ad esso per la barbara uccisione del proprio marito, John. Tutto sotto gli occhi, o meglio, le orecchie, di questo povero feto dalle capacità intellettuali incredibilmente sviluppate: parla difatti un linguaggio estremamente ricco, e a tratti altisonante; riflette fra sé e sé su questioni geopolitiche, filosofiche e poetiche, grazie soprattutto ai podcast della BBC ascoltati dalla genitrice; è un espertissimo conoscitore di vini (anche perché la madre, nonostante la gravidanza avanzata, non si risparmia nel bere). Insomma, una mente sopra le altre ancora dentro la pancia materna. Eppure nonostante ciò, ancora una volta, ci troviamo di fronte ad uno di quei bambini, tanto tipici nella scrittura di McEwan, la cui innocenza viene in qualche modo bruscamente incrinata:
La mia storia con Trudy non funziona. Pensavo di poter dare il suo amore per scontato. Ma all'alba ho udito fior di biologi discutere sul tema. Una donna gravida deve combattere contro l'inquilino del suo stesso utero [...] I biologi sostengono pure che la mossa più saggia da parte di mio padre sia quella di convincere con l'inganno un altro uomo a crescere suo figlio, mentre lui -mio padre!- distribuisce la sua stirpe ad altre donne. Che squallore, che insensibilità . Dunque siamo soli, tutti noi, perfino io, tutti in cammino su una via deserta, con in spalla il nostro fagotto di progetti, di organigrammi di un inconsapevole progresso.
I tre personaggi adulti della narrazione sembrano provenire dritti dritti da una tragedia greca: si lasciano trascinare da passioni viscerali (il denaro, il sesso), non provano alcuna forma di empatia, soprattutto nei confronti del nascituro, trattato come un ingombro quasi inevitabile, o di rimorso. Trudy ha qualcosa di diabolico e sanguigno in sé, quasi al pari di una Lady Macbeth, mentre Claude indugia su tutti i dettagli del delitto (che sembra essere percepito come un piacere in sé stesso), al pari di un personaggio hitchcockiano. Sì, perché alla fine dei conti questo è il libro: un thriller in piena regola, che nonostante un epilogo quasi scontato, lascia fortemente sulla corda il lettore.
Nel guscio
di Ian McEwan
Einaudi
Collana: Supercoralli
Traduzione: Susanna Basso
Pagine: 173
Prezzo: 18 €
Data di pubblicazione: marzo 2017
È una grandissima prova di maestria quella messa in atto dallo scrittore. E nella lettura si percepisce fortemente il senso di divertimento che deve aver provato nella sua composizione: divertimento per uno stile insolito, per una storia irreale, e un genere, come quello del thriller, già sperimentato, ma stavolta seguito molto più pedissequamente. Da sottolineare anche l'immensa bravura della traduttrice, Susanna Basso, il cui lavoro deve essere stato incredibilmente impegnativo e soddisfacente: una ricchezza lessicale unica percorre tutto il testo. L'unica cosa che non apprezzo particolarmente è la scelta della copertina, che tradisce qua è là qualche discordanza con il testo: innanzitutto la visione di quell'occhio che spia attraverso il guscio, quando è chiarito, anche esplicitamente all'interno del testo, che la "visione" del feto passa esclusivamente attraverso le sue orecchie; in secondo luogo anche perché, con questo bianco, che suggerisce l'idea di un guscio d'uovo, si va a creare uno scarto col il titolo inglese (Nutshell, letteralmente "guscio di noce"), che ha un preciso riferimento nell'epigrafe in apertura al libro, tratta ovviamente dall'Amleto: «Oddio, potrei anche essere confinato in/ un guscio di noce e sentirmi il re di uno/ spazio infinito - se non fosse la compagnia/ di brutti sogni».