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3 donne per il Premio Strega

by - 11:31


Qualche giorno fa è stata resa nota la prima rosa di nomi candidati al premio letterario più prestigioso d'Italia, destinata a restringersi sempre di più fino alla serata di premiazione che avverrà il 6 luglio presso il Ninfeo di Villa Giulia. 
Quello che salta subito all'occhio da questa lista è da un lato l'assenza di alcune grosse e storiche case editrici come Feltrinelli, Laterza e Bompiani (fortunatamente bilanciata da diverse case editrici indipendenti: Fazi, Clichy, 66th&2nd, Aracne, e così via), e dall'altro la solita endemica carenza di scrittrici quando si assurge ai vertici dell'editoria: su 27 nomi, soltanto 7 sono di donne. Niente di strano appunto, passando dai programmi scolastici di letteratura fino ad arrivare ai comodini degli italiani difficilmente vi capiterà di trovare qualche autrice (a meno che il comodino non sia di una donna, perché, sì, soffriamo ancora di questa identificazione di genere). 

In ogni caso, come ogni anno sto portando avanti la mia personale maratona Strega, o Stregathon, che dir si voglia. E quest'anno ho deciso di puntare la mia attenzione proprio sulle scrittrici, in particolare su: Teresa Ciabatti autrice de La più Amata (Mondadori 18€), Silvana Grasso autrice di Solo se c'è la Luna (Marsilio, 17€) e Anna Giurickovic Dato autrice de La figlia femmina (Fazi Editore 16€)
Si tratta di tre scrittrici estremamente diverse tra di loro, che hanno realizzato opere altrettanto diverse e composite, anche da un punto di vista della qualità della scrittura. Tuttavia al centro di esse possiamo trovare un elemento che le accomuna: la famiglia, in particolare la famiglia letteraria per eccellenza, ovvero la famiglia disfunzionale.


Quello di Teresa Ciabatti è sicuramente il libro di maggior valore, nonché una delle narrazioni più sincere che mi sia capitato di leggere da alcuni anni a questa parte. Al centro lei, la stessa Teresa Ciabatti, la bambina che in un preciso quanto effimero momento della propria vita ha creduto di essere la più amata. E poi ancora la Teresa Ciabatti che cresce e diventa adulta, e sente e racconta, senza alcuna lente autoassolutoria, se stessa, una donna «anaffettiva, discontinua, egoista, diffidente, ossessionata dal passato». È così dunque che l'autrice ripercorre la storia della propria infanzia e della propria famiglia, ruotante tutta intorno alla figura del padre, Lorenzo Ciabatti «il Professore», primario dell'ospedale di Orbetello, uomo potente, autoritario e tremendamente oscuro, legato alla P2 e probabilmente alla massoneria e al Golpe Borghese amico di Licio Gelli. Anche la madre, Francesca Fabiani, una donna brillante che ha venduto il proprio talento al giogo psicologico, emotivo ed economico di quest'uomo, viene ritratta senza alcuna indulgenza. È così che in un lungo urlo di dolore che non pretende di essere compreso ma soltanto di essere ascoltato, la Ciabatti mette completamente a nudo se stessa e la propria famiglia, non risultando  mai autoreferenziale ma quasi istericamente onesta. Una narrazione che fa molto riflettere sul modo in cui tutti noi (senza necessariamente scrivere un libro) raccontiamo noi stessi, quanto inconsciamente inventiamo o nascondiamo, e sul coraggio che la scrittrice ha nel proporre se stessa, senza mai chiedere scusa.
Dicono sia uno dei titoli maggiormente favoriti per la finale, e lo spero davvero. Per una volta vincerebbe lo Strega un libro realmente meritevole.



Silvana Grasso è un autrice che ho a lungo frequentato negli anni dell'università. Nata alle falde dell'Etna, è forse la scrittrice dall'estro più vulcanico che mi sia mai capitato di leggere: il suo è un immaginario siciliano primitivo, brutale e ancestrale, che soprattutto nei primi romanzi giocava in maniera inusitata con un preciso orizzonte linguistico, quello del dialetto siciliano. In questo libro il siciliano risulta estremamente ammorbidito (quasi camilleriano), ma molti elementi della sua poetica permangono. 
Al centro della storia, ambientata nei primi anni '50, abbiamo Luna, figlia di Gerri, un manovale ritornato dall'America ormai esperto di marketìnghi e bisinès, che apre la prima fabbrica di sapone dell'isola, in stile perfettamente americano, tutta dedita al profitto e all'efficenza.  Affetta da una rara malattia che le impedisce di esporsi ai raggi solari, nel suo forzato isolamento Luna, tanto algida in apparenza ma convogliante un erotismo sfrenato nella sua intimità, troverà una compagna, Gioiella, un'orfana il cui aspetto incarna tutta la vulcanicità della sensualità siciliana, rotto da un temperamento ostile ad ogni sentimento e ad ogni debolezza della carne. C'è qualcosa di proibito nei sentimenti che Gioiella prova per Luna, in un rapporto di sudditanza fisica, emotiva ma anche psicologica, e la penna di Silvana Grasso da il meglio di sé nel descrivere i due differenti tormenti dell'animo e del corpo sperimentati dalle fanciulle. E i retroterra ancestrali e primitivi, che tanto caratterizzano la penna dell'autrice siciliana, ritornano soprattutto nel racconto di essi, reggendo praticamente da soli il fascino antico e proibito dell'intero romanzo. Ciò che ho apprezzato di più di questo romanzo è il suo essere autenticamente ruotante intorno alle figure femminili: Luna e Gioiella certamente, ma anche Gelsomina, la madre di Luna. Si tratta di personaggi solo apparentemente marginalizzati dal patriarcato siciliano, ma in realtà catalizzatori di una presenza femminea, non solo narrativa, fondamentale.




Infine abbiamo lei, Anna Giurickovic Dato, una giovanissima (abbiamo la stessa età, dunque non può che essere giovanissima) autrice siciliana il cui esordio è rappresentato proprio da La figlia femmina.
Al centro della narrazione troviamo la piccola Maria, la cui storia è inquadrata in diversi momenti della sua giovinezza, dalla primissima infanzia fino ai primordi dell'adolescenza. Maria è una ragazza estremamente problematica: soffre di insonnia, attacchi d'ira, insofferenza incontrollata per tutto ciò che la circonda, e, cosa non meno importante, di un'estrema solitudine. Le ragioni di ciò ci sono immediatamente chiarite senza mezzi termini: la bambina è stata ripetutamente violentata dal padre, Giorgio, un importante diplomatico italiano. Tutto il racconto è però condotto dal punto di vista della madre Silvia, una donna che ama e rispetta immensamente il marito e non riesce a comprendere pienamente la propria stessa figlia. Silvia è evidentemente una delle numerosissime madri che di fronte all'orrore che viene perpetrato all'interno delle proprie mura preferisce non guardare, ma che si ritroverà presto a doverne fare i conti di fronte alla prorompente ed inevitabile sessualità della figlia.
Ci sono diverse cose che non mi hanno convinto di questo romanzo: innanzitutto una ingenuità letteraria di fondo che non si può non notare. Il tema affrontato è potente ed incredibilmente difficile da gestire, e qui si ha l'impressione di vederlo appiattito sull'unica dimensione del personaggio di Silvia. Non c'è scavo introspettivo, non c'è un reale pathós, anche nelle scene più drammatiche, ma purtroppo c'è molta ovvietà. Lo stile è abbastanza acerbo, ma perdonabilissimo nel caso di un esordio letterario, mentre purtroppo, devo ammetterlo, certe soluzioni narrative (come il lungo e centrale episodio della cena) risultano ai limiti del paradossale. 
Credo che questo romanzo sia stato sostenuto da uno slancio promozionale fin troppo entusiastico e da paragoni letterari inadeguati. Come esordio va bene, non è così potente come lo si descrive, ma va bene. Ho l'impressione che si fermerà a questi gradini delle selezioni per il Premio Strega, cosa che si può comunque giudicare come un ottimo traguardo.


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6 commenti

  1. Interessantissimo questo articolo! Anch'io quest'anno vorrei cimentarmi nello Stregathon (o almeno porre più attenzione a questo premio), anche perchè alcuni titoli già mi aveva colpita. Quello della Ciabatti è uno. Su questo libro si è scatenata, in questi giorni, una polemica sul web che, lo ammetto, ha avuto in me il solo effetto di incrementare una curiosità già potente (dal punto di vista umano di questa polemica taccio, perchè altrimenti diventerei solo volgare).
    Il romanzo proposto da Fazi l'ho visto parecchio in giro a sua volta e, anche se trovo il tema davvero interessante, ho riscontrato un medesimo tono in tutte le recensioni: un buon romanzo ma manca qualcosa.
    Mi hai incuriosita invece moltissimo sul libro di Silvana Grasso, che non aveva colpito troppo la mia attenzione, mentre ora fremo dalla voglia di leggerlo*-*

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    1. Che bello riuscire a fare breccia sulla curiosità di un lettore ^^ Se ti garba ti consiglio di recuperare anche i libri più vecchi della Grasso perché sono ancora più sanguigni e viscerali (in particolare Il bastardo di Mautana, il suo primo romanzo, è stato per me un colpo di fulmine).
      Ho letto della polemica che si è scatenata sul libro della Ciabatti, che da quanto ricordo faceva leva soprattutto sullo stile scarno ed elementare del libro. Sai che ti dico? È una storia talmente tanto autentica che al presunto problema dello stile non ho praticamente fatto caso. Non sono una di quelle che pensa che lo stile sia subordinato o secondario rispetto alla narrazione vera e propria, ma in questo caso è proprio l'autenticità il fulcro di tutto, e probabilmente uno stile più ricco e articolato (che poi diciamocelo, spesso e volentieri in Italia da vita a prodotti letterari artificiosi) avrebbe rovinato l'effetto voluto.
      Fammi sapere cosa ne pensi! Un abbraccio e tanti auguri di buona Pasqua :)

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  2. Grazie per questi bellissimi affreschi femminili! Ho sentito molto parlare della Giurickovic Dato in toni veramente entusiastici; questa tua analisi invece è stato un giusto ridimensionamento.

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    1. Grazie a te per esser passata Michela :)
      Come dicevo nel post dietro questo libro c'è stato uno slancio decisamente esagerato, che ha creato delle aspettative non da poco nei lettori. Non sono la prima a riscontrare questi "problemucci", mi sono documentata prima di scrivere e ho trovato molti pareri simili al mio. Come si dice? Bene ma non benissimo? Ecco, direi che si adatta perfettamente al romanzo della Giurickovic Dato.

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  3. Bell'articolo!
    Purtroppo nei riconoscimenti ufficiali ci sono sempre più uomini che donne. facciamo passi avanti rispetto ad una volta, quando le donne erano del tutto estromesse, me di strada ne abbiamo molta. Per fortuna ci sono autrici come queste che scrivono romanzo di tutto rispetto, che nulla hanno da invidiare ai colleghi uomini!
    Mi è piaciuto il focus su questi tre romanzi, avevo sentito parlare soprattutto di "La figlia femmina", che forse è quello più controverso dei tre, e quello che mi incuriosisce di più.
    Sarebbe una bella sorpresa se uno di questi tre titoli vincesse lo Strega! :)

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    1. Ciao Patty, perdona il ritardo della risposta ma ho avuto un sacco di problemi con la connessione (e odio usare blogger da mobile). Comunque dici bene, purtroppo soprattutto nel nostro paese le donne scontano ancora enormi problemi di invisibilità, nonostante i grandi passi in avanti fatti.
      Per ciò che riguarda il Premio Strega, forse avrai visto che sono stati già proclamati i 12 finalisti, e ahimè, sia la Grasso sia la Giurickovic Dato sono state escluse. La Ciabatti ancora resiste invece e dicono sia la favorita, speriamo bene!

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