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Chirù - Michela Murgia

by - 09:43

Non è mai facile prendere in mano un nuovo di libro di un autore/autrice che si è amato: le aspettative sono tante, le delusioni possono essere profonde, e i giudizi non oggettivi.
Ero ben consapevole di questo rischio quando mi sono avvicinata al nuovo romanzo di Michela Murgia, scrittrice che mi aveva ammaliato ai tempi di Accabadora. Però ho deciso di lasciarmi tutto alle spalle: le sensazioni che quel libro mi aveva suscitato, il retroterra mitico-ancestrale di una Sardegna che tanto ricordava la mia Sicilia, il fascino di certi intramontabili personaggi. 
E l'ho fatto perché, per quanto indubbio sia che determinati motivi, tematiche, topoi, rimangano attaccati agli autori che per primi li hanno generati, sapevo di trovarmi di fronte ad una narrazione diversa, che meritava un giudizio vergine
Ecco, questa era una premessa che sentivo necessaria, anche in risposta a tante recensioni e opinioni che ho letto a proposito di questo libro, nel mio tentativo di documentarmi.
Ma che cos'è Chirù? 
Chirù è la storia di un'apprendistato all'esistenza (ben più importante, ma soprattutto sottovalutato rispetto ai tanti apprendistati che si propinano oggi ai giovani): quello che Eleonora un'importante attrice di 38 anni, impartisce, o meglio dona, a Chirù un giovane e caparbio violinista di appena 18 anni. Non è la prima volta che Eleonora accompagna dei giovani privi di riferimenti (soprattutto genitoriali) lungo questa impervia strada, e lei stessa è stata un tempo accompagnata da quello che poi sarebbe diventato il compagno (nel suo senso più lato) di una vita: Fabrizio, certamente uno dei personaggi secondari più affascinanti, grazie alla forza che la sua presenza sprigiona. 




Chirù



di Michela Murgia



Einaudi



Collana: Supercoralli

Pagine: 200
Prezzo: 18,50€
Data di pubblicazione: 2015

È una sorta di ringkomposition, dunque, quella che Chirù racconta.Il modo di chiudere un cerchio ideale. Sì, perché Chirù non è un ragazzo qualsiasi (ma nessuno di quelli seguiti da Eleonora lo è stato), lui ha in sé qualcosa di diverso, potentemente presente: «Vorrei poter dire che quella tra noi fu un'immediata affinità elettiva, ma sarebbe una menzogna: io Chirù lo riconobbi dall'odore di cose marcite che gli veniva da dentro, perché quell'odore era lo stesso mio».
Quello che i due svilupperanno è più di un rapporto pedagogico, d'affetto o d'amore: è un rapporto dettato dall'esclusività del sapersi riconoscere, e la sua bellezza consiste proprio nella coscienza che l'uno e l'altro svilupperanno in questo senso. «Chirù era un candore che mi si era affidato perché lo violassi, e il modo che io avevo scelto per farlo era regalargli consapevolezza» afferma ad un certo punto Eleonora, senza sapere che dalla consapevolezza di Chirù a poco a poco nascerà anche la sua:

- Non ti interessa attirare l'attenzione sul tuo corpo. Sei sola, e non perché non hai la fede. Si vede da come cammini, non hai un pensiero eccitante che ti faccia muovere il culo nel modo in cui lo muovono le ragazze quando vanno a un appuntamento che conta. Ti annoia la gente. Non guardi le vetrine, non osservi chi ti passa accanto, non ti diverte quasi nulla. Quando sorridi tutto questo scompare, ma poi torna appena smetti. Sei infelice, ma in un modo che uno potrebbe anche pensare che ti stia bene addosso [...] sei infelice con classe, diciamo.
[...] Fottuto ragazzino. Avrei voluto chiedergli se era davvero così che mi vedeva, ma un attimo prima di farlo compresi che in realtà non volevo saperlo. Andai avanti.
L'educazione, la scoperta, l'indagine, sono tutti strumenti e fini verso i quali tendiamo costantemente nella nostra vita, anche se a volte ce ne dimentichiamo. Qualcuno ha tacciato il libro di inutile intellettualismo, di ridondanza alle volte, io invece lo giudico essenziale in ogni sua parte: ogni dialogo, o episodio che si consuma tra Eleonora e Chirù, tra Eleonora, Chirù è il mondo esterno è un tassello attraverso il quale i due riescono a costruire un'immagine di se stessi rispecchiandosi nell'altro. È una crescita, dolorosa ma indispensabile, tanto che ogni capitolo si configura esplicitamente come una lezione. 
E se la stessa Michela Murgia ha affermato per L'Espresso che questo è il suo romanzo più politico per le tematiche del potere e delle questioni di genere, io credo che possa esser definito tale soprattutto se ci rifacciamo al senso originario del termine politico: come qualcosa che ha a che fare con la Polis, con il cittadino, e quindi con l'individuo nel suo muoversi nel mondo. D'altronde che Chirù sia un individuo più reale di quanto possiamo immaginarci ce lo testimonia anche la sua strenua volontà di esistere al di là del libro che lo ha generato: con forza, ancora, continua a parlarci di sé dalle sue pagine social nate ben prima della pubblicazione del libro.
Il meraviglioso stile della scrittrice, che tanto ci aveva ammaliato con Accabadora, permane, culla sapientemente il lettore permettendogli di accarezzare l'essenza di quanto narrato, così come quell'immagine magica, al contempo inconsistente e tangibile, della Sardegna:

Ho sempre pensato che avrei potuto andare a letto con molti uomini nella mia vita, ma non avrei mai conosciuto la vera intimità fino a quando non avessi trovato un amante capace di fare l'amore in sardo. Non avevo mai verificato se questa intuizione fosse vera, e non sapevo se dipendesse dal fatto che i sardi con cui ero stata a letto non fossero consapevoli della misteriosa potenza dell'amplesso linguistico, oppure semplicemente perché nessuna lingua sa dire bene tutto. La cosa che il sardo sa dire meglio non è l'amore. È la nostalgia.
Come dicevamo all'inizio, certi motivi e topoi accompagnano sempre gli autori che li hanno generati. Ma meritano di volta in volta uno sguardo diverso, più attento e consapevole, come quello che Eleonora saprà alfine riconoscere a Chirù: «Nelle orecchie e nella testa sentivo solo il rumore di una parola ossessiva che non smetteva di risuonare al ritmo inesausto del mio cuore. Una parola in sardo».

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4 commenti

  1. Cara Penny, già la Murgia mi aveva incuriosita non poco con il suo Accabadora, che invero non ho mai letto ma di cui conosco diverse recensioni, e adesso... questo tuo post mi conquista definitivamente. Sono assolutamente curiosa di leggerne ogni riga, non può che essere così per me, che sono insegnante, ma anche attrice, spesso psicologa, e mi nutro costantemente delle vite dei miei alunni e allievi. Decisamente sarà un mio prossimo acquisto.
    Hai un modo splendido di scrivere.

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    1. Grazie mille Luz, mi fai arrossire!! :)
      Spero che questo libro non ti deluderà. È necessaria una sensibilità profonda per comprenderlo al meglio, cosa che tu ovviamente possiedi.
      E il tuo background è certamente importante in questo senso. La stessa Murgia era (forse lo è ancora) insegnante, questo la dice lunga sul tipo di esperienze che ha saputo trasmettere al proprio libro.

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  2. Ho regalato i libri della Murgia a mia nonna, anche lei fervida lettrice. Le regalai Accabadora poco dopo averlo scoperto per accenni in letteratura contemporanea e, visto che le era piaciuto tantissimo, per questo Natale le ho regalato Chirù, che non ha suscitato meno il suo entusiasmo. In tutto ciò, io ancora non mi sono concessa il piacere di scoprire la prosa di questa autrice. E' quasi superfluo sottolineare quanto la tua recensione sia colma di amore e sensibilità e che quindi di per sé invogli a scoprire questo romanzo. Mi sa che dovrò decidermi presto a chiedere in prestito i libri della Murgia a mia nonna :)

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    1. Sì, devi assolutamente! :D Lo so che spesso noi "lettori forti" nutriamo molti dubbi nei confronti della prosa italiana contemporanea, ma quella della Murgia è una delle poche voci che davvero si salvano. Perché oltre a possedere uno stile davvero splendido, la sua prosa possiede una specificità e una necessità di raccontare che non è mai fine a se stessa (cosa che ho spesso notato negli autori italiani contemporanei, scrivono solo per scrivere).

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