Pochi di noi potranno dire di non aver mai visto quel capolavoro del genere horror che è The Shining diretto dal maestro Stanley Kubrick, nel 1980. Al contrario molti di noi dovranno ammettere di non avere mai letto o addirittura di non conoscere l'omonimo romanzo del 1977 di Stephen King.
Questo perché nonostante l'indiscussa maniacalità e maestria che è alla base del film di Kubrick, il primo è in assoluto un prodotto imprenscindibile del nostro panorama pop; il secondo è invece un bel tomone di cinquecento e più pagine, al quale solo gli appassionati del genere desiderano approcciarsi.
Io ad esempio non sono mai stata tale, e come tanti ho per lungo tempo guardato con una certa diffidenza un'autore così prolifico, e per altro di un genere che potremmo definire ai margini per i più, quasi una sorta di genere nerd. Per questa ragione, prima di qualche settimana fa, non avevo mai letto Shining. Mentre, da ché il mio stomaco regge, ho visto innumerevoli volte The Shining. Anzi ho visto anche diversi documentari che ne trattano il making of.
Tutta questa premessa per dirvi cosa? Che non avevo davvero idea di cosa mi sarei trovata davanti non appena avessi aperto il libro. E quello che ho scoperto è un vero e proprio universo.
Shining
di Stephen King
Bompiani
Traduzione: A. Dell'Orto
Collana: I grandi tascabili
Pagine: 588
Prezzo: 13€
Anno di edizione: 2014
Ci sono notevoli discrepanze narrative tra il film e il libro (uno tra tutti il finale), ma la principale differenza consiste in una precisa dimensione di attesa: potrà stupire chi non ha letto il libro, ma in realtà tutto il peggio, l'horrorifico, che avviene all'interno del famigerato Overlook Hotel, occupa in maniera preponderante solo due quinti dell'intera narrazione, mentre per il resto lo si trova sparpagliato qua e là in piccoli ma precisi indizi. E ciò avviene in accordo ai due grandi personaggi che animano la storia: Jack Torrance da una parte e il piccolo Danny dall'altra.
Jack, la cui figura è centrale all'inizio e per gran parte del libro, rappresenta l'orrore quotidiano, quello dei fantasmi interiori che ciascuno nella propria vita è costretto ad affrontare in misura più o meno maggiore. Danny, al contrario, centrale soprattutto nel finale del libro, raccoglie nolente in sé quell'orrore quotidiano per vederlo trasformare davanti ai suoi occhi in qualcosa di sovrannaturale.
Danny, come tutti sappiamo, possiede l'aura, lo shining, è in grado di vedere cose che sono al di là della normale percezione, di carpire pensieri e stati d'animo, e inevitabilmente, da bambino di appena cinque anni qual è, trasforma tutto ciò in paure e incubi. Eppure non è lui il personaggio più interessante della narrazione. Quello che il non-lettore di Stephen King non sa, è che anche Jack Torrance, il terribile assassino, nasconde dentro di sé un'enorme quantità di paure. Jack ha un passato tremendamente burrascoso, che viene svelato a poco a poco al lettore: un problema con l'alcool (apparentemente sopito), un problema con il lavoro (perso da poco), un problema con la rabbia, che non riesce a controllare e manifesta contro le persone più vulnerabili, come suo figlio Danny. Ma perché? Da dove nasce questa trama psicologica così complessa? Sono necessarie più di trecento pagine per scoprirlo:
Jack si era reso conto che Becky e i suoi fratelli, tutti più grandi di lui, odiavano il padre, e che la madre, una donna scialba cui accadeva raramente di parlare facendo udire più di un mormorio, si limitava a sopportalo perché l'educazione cattolica gli imponeva di farlo. A quell'epoca non era parso strano a Jack [...] che il suo amore dovesse procedere di pari passo con la paura: paura del gioco dell'ascensore che avrebbe potuto concludersi, una di quelle sere in una caduta rovinosa; paura che il grossolano umore di suo padre, nel giorno di libertà , potesse tramutarsi di colpo in quel suo grugnito porcino e nello schiaffo della sua "destra"; [...] l'amore aveva cominciato a inacidirsi a nove anni, quando suo padre, a forza di bastonate, aveva spedito sua madre all'ospedale.
Jack ha dentro di sé un passato irrisolto dunque, e una percezione dell'amore inestricabilmente legata all'odio e alla paura. Un mostro si annida dentro di sé, pronto ad emergere nei momenti di maggiore vulnerabilità , nei momenti in cui la fiducia nei confronti della sua possibilità di redimersi viene meno.
Per combattere l'irrazionale che in sé, Jack tenta di riportare tutto ad una dimensione di razionalità e controllo, anche laddove l'Overlook Hotel sembra prender piede con la sua carica mostruosa. Sì, perché accanto ai due personaggi che abbiamo menzionato, un posto di riguardo lo possiede anche il magnifico e irraggiungibile albergo: anche esso possiede una sua storia travagliata e una sua precisa distruttività materiale e sovrannaturale (penso da un lato alla vecchia caldaia che deve rilasciare periodicamente la pressione per non far saltare in aria ogni cosa, ma penso dall'altro lato alle numerose anime, che conobbero una tremenda fine nelle sue stanze, e ancora lo animano minacciosamente) , e non è dunque metaforicamente troppo lontano dalla figura di Jack.
L'Overlook vuole annientare soprattutto Danny, per mezzo del corpo di Jack, perché lui ne mette in luce tutte le falle, vede al di là della sua materialità tutte le terribili presenze di un passato mostruoso che lo animano, così come riesce a scorgere i pensieri di debolezza e rabbia del padre.
«Tu non sei mio padre [...] Tu sei una cosa, non il mio papà . Tu sei l'albergo», afferma ad un certo punto il piccolo Danny, a voler indicare al lettore che l'Overlook si è impadronito di Jack. Ma forse l'Overlook è proprio Jack, e la grandezza di Stephen King, che (cosa molto importante) non ritrovo in Kubrick, consisterebbe nell'averci offerto una narrazione che gioca sul terrore umano e sul terrore sovrannaturale costruendo una enorme, meravigliosa metafora che li racchiude entrambi e che in fondo riguarda la personale vicenda umana di ciascuno di noi.