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La terra dei figli - Gipi

by - 08:53




È la prima volta che leggo qualcosa di Gipi. L'ho conosciuto per lo più attraverso vie traverse: come disegnatore della sigla de Le invasioni barbariche; come illustratore del gioco Bruti (vi sfido ad entrare in una qualsiasi fummetteria e non trovarne qualche immagine); come realizzatore di alcune magnifiche copertine su Internazionale; e infine, come mi capita ormai da tempo nei riguardi di autori ed editori: su Facebook. Proprio su questa piattaforma ho avuto modo di "conoscere" aspetti forse meno immediati della sua personalità: l'ironia, l'arguzia, il fancazzismo. Sì, perché Gipi si presenta così: da un lato pacato, riflessivo, tremendamente disponibile, dall'altro pronto a gettare le cose in caciara. Un mix fantastico insomma. Però, oh sono solo le mie impressioni, è chiaro che non conosco minimamente la "persona" Gipi, quanto piuttosto "il personaggio", e non posso sapere fino a che punto coincidano. 
Tutta questa premessa per dire che era anche ora che approdassi alle sue graphic novel, e nella fattispecie all'ultima: La terra dei Figli.



La terra dei figli
di Gipi

Coconino Press

Collana: Coconino cult
Pagine: 288
Data di pubblicazione: ottobre 2016
Prezzo: 19,50€


La storia è ambientata nel pieno di un orizzonte post-apocalittico, delle cui vicende non ci è dato sapere nulla, eccezion fatta l'idea che ci troviamo a non più di una trentina d'anni da un momento della Storia molto vicino al nostro. Al centro della vicenda due fratelli, simili e diversi a tante coppie che la letteratura ci ha offerto, "i figli", cresciuti dopo la caduta della civiltà, insieme al padre. 
Proprio il padre, a detta dello stesso Gipi, è il personaggio più eroico dell'intera narrazione, e a mio parere anche il più centrale. Cresce difatti i figli con animo brutale, non lesinando loro bastonate ed insulti, e bandendo ogni possibile dimostrazione d'affetto, a cominciare dalle parole che lo esprimono. Tutte le parole che hanno a che fare con la cura o con l'amore sono difatti proibite. Il suo evidente scopo è quello di crescere i propri figli privi di qualsiasi debolezza, lascito della recente storia umana, per aiutarli a sopravvivere in un mondo fatto di sopraffazione, anzi di «morte e veleni». 
Quello che la graphic novel di Gipi sembra suggerirci però, è l'idea, colma di speranza a mio parere, che rimaniamo umani nonostante tutto: possiamo essere privati sin dalla nascita dell'amore, e persino delle parole che lo definiscono, delle condizioni più basilari di protezione ed empatia ma nonostante ciò aneliamo continuamente ad essi. È quello che farà, anche a costo della vita, Lino, il più giovane dei due figli, ossessionato dalla figura patera e da sentimenti che non riesce a decifrare, o men che meno esprimere (straordinarie in tal senso le tavole che lo raffigurano gridare sott'acqua il proprio dolore per la morte del padre). Ossessionato anche dall'ultimo feticcio paterno che sembra poter contenere la chiave di tutto: un quaderno su cui il padre annotava ogni giorno scrupolosamente parole su parole, indecifrabili per i figli, dal momento che è stato impedito loro di imparare a leggere. 
L'immagine delle parole (da non dire, da non leggere, da non tramandare), probabilmente in quanto veicolo essenziale di civiltà, racchiude completamente l'intera storia, sino all'epigrafe finale della quarta di copertina: «Sulle cause e i motivi che portarono alla fine si sarebbero potuti scrivere interi capitoli nei libri di Storia. Ma dopo la fine nessun libro venne scritto più».



Ma indecifrabile è il quaderno per i due fratelli, così come lo è per il lettore, che si vede scorrere davanti questa scrittura incomprensibile per ben dodici pagine, creando un effetto di incontrollabile bisogno di sapere. È per questo che è necessario un viaggio di conoscenza, anche qui simile e diverso da tanti che la letteratura occidentale ci offre da Ulisse in poi, destinato a portare a contatto con spaventose realtà umane,  nella raffigurazione delle quali Gipi gioca e si prende gioco di attualissime quanto spaventose propensioni da umano-social (straordinariamente ammiccante la tribù dei "fedeli" che caccia e si ciba di altri esseri umani e al contempo usa i gattini come oracoli).
Su tutto poi dominano dei campi totali, fatti di silenzio, o di suoni che ritornano circolarmente, di una natura morta o morente, mostrata nella sua ferinità in ogni caso, grazie ai taglientissimi tratti dell'autore.

In definitiva, una maturità narrativa incredibile traspare da questa graphic novel, che è costata (a buon rendere) a Gipi tre anni di lavoro, alla ricerca di un nuovo stile e di una nuova storia, meno intima delle precedenti, ma non meno intimistica.




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